Cassandra. Ricordo che dal primo giugno sarà operativo soltanto nicoloscialfa.it

Cassandra

Figlia di Priamo, re di Troia, e di Ecuba. Alessandra. Apollo si invaghisce e le regala il dono della profezia a condizione che ella assecondi i suoi desideri. Ragazza acconsente e poi se ne pente. Iniziano i guai… grossi. Nessuno crede alle sue parole. Vaticina la caduta di Troia ma nessuno le crede. Si rifugia ai piedi della statua di Atena e viene duramente violata dal guerriero Aiace mentre la statua rivolge gli occhi al cielo. Diviene bottino di guerra e Agamennone se la porta a Micene. Clitemnestra la uccide, poi, con l’amante Egisto, completa l’opera liquidando Agamennone. Iliade, Odissea, Pitica, Troiane, perduta Orestea, Alessandra, Eneide… ne parlan tutti. Costes de la Calprenède scrive un romanzo su di lei nel Seicento. Profeta di sventura, vede tutto buio, appartiene alla razza peggiore… te lo avevo detto! Meglio starne a debita distanza.

J.V.

I regni germanici

I regni germanici

476, lo sciro Odoacre depone Romolo Augustolo imperatore fanciullo d’Occidente e invia le insegne imperiali a Zenone, sovrano della parte orientale. Spartiacque tra antichità e Medioevo. Visione suggestiva di decadenza e novità Germano-cristiana. Cattedre universitarie conseguenti. Ancora valida? Ni… Tardoantico da 180 morte di Marco Aurelio al 640 irruzione islamica nel Mediterraneo. Crisi della complessa macchina imperiale. Inefficienza e corruzione distruggono le riforme dei Severi e di Diocleziano e Costantino poi. Condominio consensuale tra Romani e Barbari. Resistenza da un lato ma anche assimilazione culturale con l’eccezione della Britannia. Ruolo preponderante della Chiesa e democratizzazione della cultura latina. Barbaritas giovane contrapposta a Romanitas vecchia. Crisi politico-militare del V secolo, crollo della frontiera renana, invasione delle Gallie. Crisi italiana. Ultimo baluardo le imprese di Stilicone ed Aezio. Principes pueri Onorio e Arcadio non adatti a fronteggiare la situazione. Repressione e integrazione e sistema della Hospitalitas. Salta in aria l’apparato fiscale. Nascita sofferta dei regni germanici come eredità istituzionale imperiale. Continuità legislativa con Edictum Theodorici regis al quale segue la Lex Romana Burgundiorum. Principio di convivenza con Teodorico, re illuminato. Azione intelligente di Cassiodoro. Sovranità guerriera dei Franchi e Lex Salica. Formazione di nuove aristocrazie e conversioni alla nuova fede: Visigoti con Recaredo in Iberia nel 589, Clodoveo in Gallia nel 506. In Italia dopo il regno Goto di Teodorico (493-526), inizia una lunga e terribile guerra voluta da Giustiniano per riconquistare la penisola. Arianesimo goto usato ideologicamente dai greci. Goti visti come barbari incivilì malgrado il regno teodoriciano si fosse distinto per capacità di moderazione ed integrazione. Guerra orrenda e devastatrice. A Gualdo Tadino nel 552 l’esercito ostrogoto di Totila viene distrutto. Narsete padrone della penisola. Italia in ginocchio. Pochi anni dopo cade ai piedi dei guerrieri longobardi guidati da Alboino. Vengono dalla Pannonia, entrano a Cividale, invadono la valpadana, si insediano nel mezzogiorno. Clefi, Autari, Agilulfo governano su una pelle di leopardo erodendo i territori bizantini. Fare (associazioni in marcia, dal tedesco fahren, marciare) e Ducati, insofferenti verso l’autorità regia longobarda. Organizzazione politico-militare e assimilazione religiosa con Teodolinda, moglie di due re, Autari e Agilulfo, e madre di un terzo, Adaloaldo. Editto di Rotari e fondazione del monastero di Bobbio grazie a San Colombano. Formazione di una nuova intellettualità longobarda cristianizzata culminante nel passaggio al cattolicesimo con Ariperto e Liutprando. Costantino IV nel 680 conclude un armistizio col re Perctarit riconoscendo così il regno longobardo. Intanto i pontefici romani acquisiscono maggiore autonomia a Roma e dintorni tanto dai bizantini quanto dai longobardi. Rapporti precari con Liutprando e Astolfo sino a quando papa Stefano II non decide la svolta: alleanza con Pipino, re dei Franchi. 754 Pipino costringe Astolfo a restituire i territori conquistati. Due anni dopo Desiderio, ultimo re longobardo, provoca l’intervento di Carlo. 774 fine del regno e deportazione di Desiderio. Echi Manzoniani precisi sul significato della Storia d’Italia. Polemiche storiografiche: longobardi aggreganti o disgreganti? Tesi della transizione morbida e ricerca delle lontane radici delle identità nazionali. Soltanto così può spiegarsi la Renovatio Imperii di Carlomagno. Essa non nasce dal nulla ma è figlia dell’apparato simbolico-ideologico dei regni romano-barbarici.

Una succinta, e spero utile, mappa.

Regno dei Visigoti di Tolosa. 419-507. Vallia, fratello di Alarico.

Regno dei Visigoti di Spagna 507-711. Vinti dagli Arabi

Regno dei Vandali in Africa. 429-534. Genserico. Unico popolo barbaro navigatore.

Regno dei Burgundi 443-534. Gundahar, il Gunther della saga nibelungica. Stanziati tra la Savona e il Rodano.

Regno degli Ostrogoti 493-553. Capitale Ravenna. Teodorico degli Amali.

Regno dei Longobardi 568-774

Regno dei Franchi 482. Clodoveo. Dal 679 ascesa carolingia con Pipino di Heristal.

J.V.

Fidelio o l’amor coniugale (Fidelio oder Die eheliche Liebe)

Fidelio o l’amor coniugale (Fidelio oder Die eheliche Liebe)

Dramma lirico in due atti (seconda e terza versione) di Ludwig van Beethoven su libretto di Joseph von Sonnleithner e Georg Friedrich Treitschke. Prima rappresentazione a Vienna, Theater an der Wien il 20 novembre 1805 in tre atti. Pièce à sauvetage tratto da Léonore ou l’amour conjugal di Jean-Nicolas Bouilly del 1798. Dramma borghese. Beethoven per la prima volta si accosta al melodramma. Lavora due anni. Insuccesso a causa di cantanti scadenti. Anche le successive edizioni non sono però soddisfacenti. Wagner e Berlioz intuiscono che le esigenze della trama vanno sacrificate al significato intimo del dramma. Eroismo di Leonora specchio della visione etica del musicista. Opera ricca di spunti sublimi ma carente sul piano della coerenza melodrammatica. Ancora oggi rappresentata nella terza versione. Siviglia, XVII secolo, carcere, detenuti politici, Leonora-Fidelio, lieto fine. Eccezionale l’edizione del 1953 diretta da Wilhelm Furtwängler. Notevole anche quella diretta da Otto Klemperer del 1962.

Personaggi

* Don Fernando – ministro (baritono)

* Don Pizarro – governatore di una prigione di stato (baritono)

* Florestan – un prigioniero (tenore)

* Leonore – sua moglie, sotto il nome di Fidelio (soprano)

* Rocco – carceriere (basso)

* Marzelline – sua figlia (soprano)

* Jaquino – portiere (tenore)

* prigionieri, ufficiale, guardie, popolo

Quattro Ouverture Leonora. Intensità sinfonica dal respiro grandioso. Temperamento idealistico kantiano di Beethoven prorompe in magma vulcanico di impetuosa forza orchestrale. Duetti stupendi, atmosfere cupe, trionfo di ideali positivi.

“Di tutte le mie creature è quella che mi è costata i più aspri dolori, quella che mi procurò i maggiori dispiaceri, e perciò mi è anche la più cara” (Ludwig van Beethoven)

“Egli sa tutto, ma non possiamo ancora capire tutto e passerà ancora molta acqua sotto i ponti del Danubio prima che tutto ciò che quell’uomo ha creato sia compreso dal mondo.” (Franz Schubert, 1827)

J.V

Beethoven

Beethoven

Poesia allo stato puro. Opera 109, sonate per pianoforte, Pastorale, andantino della Settima, Waldstein, Fidelio, requiem Terza, Fürtwangler e piccolo K, Quartetti… e altro, molto altro. Solitario, fuori dagli schemi, umano e fraterno… uno che ha capito e sofferto. Musica colta occidentale secondo l’idiozia odierna. Un gigante secondo quelli che studiano. Un genio malgrado la sordità. Mito e realtà. Quarant’anni fa una cretina ascoltando la Nona disse “Nulla di serio”. Decisi immediatamente di troncare ogni tipo di rapporto con l’inutile soggetto.

«Avete molto talento e ne acquisirete ancora di più, enormemente di più. Avete un’abbondanza inesauribile d’ispirazione, avete pensieri che nessuno ha ancora avuto, non sacrificherete mai il vostro pensiero a una norma tirannica, ma sacrificherete le norme alle vostre immaginazioni: voi mi avete dato l’impressione di essere un uomo con molte teste, molti cuori, molte anime.» Questo diceva Franz Joseph Haydn in una conversazione con Beethoven… basta e avanza.

«O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un’apparenza […] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato. Di anno in anno, deluso dalla speranza di un miglioramento […] ho dovuto isolarmi presto e vivere solitario, lontano dal mondo […] se leggete questo un giorno, allora pensate che non siete stati giusti con me, e che l’infelice si consola trovando qualcuno che gli somiglia e che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto di tutto per essere ammesso nel novero degli artisti e degli uomini di valore.»

Uomo possente, rude e selvaggio, amante deluso di Bonaparte, talento micidiale. Chi vive ascolta Beethoven, chi vegeta… no.

Influenza kantiana. Per quanto mi riguarda amore totale. Mozart toccato da Dio, Wagner talentuoso figlio di puttana, Beethoven… la Musica di un uomo solo e geniale.

J.V.

Miguel de Unamuno, Del sentimento tragico della vita negli uomini e nei popoli. (Del sentimiento trágico de la vida en los hombres y en los pueblos)

Miguel de Unamuno, Del sentimento tragico della vita negli uomini e nei popoli. (Del sentimiento trágico de la vida en los hombres y en los pueblos)

Prima edizione Madrid, 1913. Tragico conflitto tra pensiero e vita in relazione all’immortalità. Soltanto ciò che è eterno è reale per cui l’uomo avverte l’esigenza dell’immortalità personale. Se non esiste immortalità la vita non possiede senso. Da ciò rampolla che la vita mortale è irrazionale ed è contrapposta alla razionalità che è nemica della vita dal momento che la ragione si contrappone scetticamente all’immortalità. Da qui la tragedia e l’insicurezza dell’esistenza umana. Da qui il profondo senso di angoscia. Per quanto detto l’uomo vuole un Dio garante della propria immortalità personale. Ecco il senso del Cristianesimo e della Resurrezione. Purtroppo, per De Unamuno, il Cristianesimo si è irrigidito teologicamente, non è vivo. Esistenzialismo di fatto, critica del rigido e rozzo materialismo… filosofia tragica.

“Esiste qualcosa che, in mancanza d’altro nome, chiameremo “il sentimento tragico della vita”, che porta dietro di sé tutta una concezione della vita stessa e dell’universo, tutta una filosofia più o meno formulata, più o meno cosciente. Questo sentimento possono averlo, e l’hanno, non solo uomini individuali, ma interi popoli; è un sentimento che non nasce dalle idee, ma piuttosto le genera, sebbene dopo, è chiaro, queste idee reagiscano su di esso, fortificandolo. Può nascere da una malattia accidentale, da una dispepsia, per esempio, ma può anche essere costituzionale. E non serve parlare di uomini sani e malati. A parte il fatto che non abbiamo una nozione normativa della salute, nessuno ha provato che l’uomo debba essere per natura gioioso. C’è di più: l’uomo per il fatto di essere uomo, di avere coscienza, è già, rispetto all’asino o al gambero, un animale malato. La coscienza è una malattia”.

“Che sarà di noi dopo la morte?” è il pensiero che tormenta de Unamuno, la paura di morire, di tornare nel nulla terrorizza molto più che le supposte pene dell’Inferno cristiano. La ragione nega e il cuore afferma. Uomo ontologicamente antitetico… ciò che è vitale è controrazionale, oltre ad essere antirazionale, e ciò che è razionale è antivitale. Sete di vita, ansia d’immortalità carnale, forma intima della sua anima. Dio immortalizzatore, Cattolicesimo affamato di corpo. Idea eterodossa. Cattolico sui generis, concentrato sull’uomo e teorizzatore del tragico come movente dell’azione… agisci in modo tale che tu sia per te stesso e per gli altri insostituibile, da non meritare la morte, bensì di vivere eternamente; “siate perfetti come il Padre vostro” dice il Vangelo di Matteo. Speranza nell’amore personificato di Dio. Amore che si fa carità. Se tutti nutrissimo speranza nell’immortalità saremmo migliori. Morire non è giusto. Siamo affamati di eterno. I popoli sono affamati di Giustizia e di ricerca dell’Eterno.

Un libro contro l’imbecillità affettiva, il rozzo cinismo di chi ha paura e non vuole ammetterlo.

J.V.

Miguel De Unamuno

Miguel de Unamuno

Fideismo pragmatistico. Basco di Bilbao. Accarezza sogni di santità in età giovanile. Poi prevale l’amore carnale. Impara il tedesco leggendo Hegel. Poi Ibsen e Kierkegaard. Nel 1891 sposa l’amata Concha Lizárraga. Crisi spirituale profonda nel 1897. Professore e poi Rettore a Salamanca. Esalta la tradizione spagnola ma difende la libertà contro Alfonso XIII e Primo De Rivera. Cacciato dall’università e deportato, condannato a 17 anni di carcere. Rifiuta l’amnistia e va esule a Parigi. Ritorno trionfale in Spagna nel 1930 alla caduta della dittatura. Deluso dalla Repubblica e dal governo riformista nel 36 appoggia i franchisti sperando nella rigenerazione spagnola e confidando in Franco come ultimo baluardo contro ateismo e comunismo.

«Non appena nacque il movimento salvatore capeggiato dal generale Franco, mi sono unito ad esso, sostenendo che ciò che bisognava salvare della Spagna è la civiltà occidentale cristiana e, con essa, l’indipendenza nazionale, visto che, nel territorio nazionale, si sta ventilando una guerra internazionale. […] Nel frattempo, mi andava riempiendo di orrore il carattere che stava assumendo questa tremenda guerra civile senza quartiere, guerra dovuta ad un’autentica malattia mentale collettiva, ad una epidemia di pazzia con certo substrato patologico-corporale. Le inaudite crudeltà delle orde marxiste, rosse, superano qualsiasi descrizione e devo risparmiarmi la retorica a buon mercato. A dare il tono non sono i socialisti, né i comunisti, né i sindacalisti, né gli anarchici, bensì bande di malfattori degenerati, ex-criminali nati senza ideologia alcuna, che vogliono soddisfare feroci passioni ataviche senza ideologia alcuna. E anche la naturale reazione a ciò assume spesso, disgraziatamente, caratteri frenopatici. È il regime del terrore. La Spagna è spaventata da se stessa. E se non si contiene per tempo, giungerà al bordo del suicidio morale. Se il miserabile governo di Madrid non ha potuto, né ha voluto resistere alla pressione del selvaggismo chiamato marxista, dobbiamo avere la speranza che il governo di Burgos avrà il valore di opporsi a coloro che vogliono stabilire un altro regime del terrore. […] Insisto nel sacro dovere del movimento gloriosamente capeggiato dal generale Franco: salvare la civiltà occidentale cristiana e l’indipendenza nazionale, perché la Spagna non deve sottostare al dettato della Russia né di nessun’altra potenza straniera quale che sia, dato che qui, in territorio nazionale, si sta scatenando una guerra internazionale. E un altro dovere è condurre ad una pace di convincimento e di conversione e ottenere l’unione morale di tutti gli spagnoli, per ristabilire la patria che si sta macchiando di sangue, dissanguandosi, avvelenandosi e instupidendosi. E per far ciò, impedire che i reazionari si portino, con la loro reazione, oltre i limiti della giustizia e persino dell’umanità, come a volte cercano di fare. Perché non è un cammino percorribile pretendere che si formino sindacati nazionali compulsivi, con la forza e la minaccia, obbligando le persone ad iscriversi in essi con il terrore […]. Sarebbe cosa ben triste desiderare che il barbaro, anti-civile e inumano regime bolscevico venisse sostituito da un barbaro, anti-civile e inumano regime di servitù totalitaria. Né l’uno né l’altro, perché in fondo sono la stessa cosa… In questo momento critico del dolore di Spagna, so che devo seguire i soldati. Sono gli unici che ci restituiranno l’ordine. Sanno cosa significhi la disciplina e come imporla. No, non mi sono convertito in un destrorso. Non faccia caso a quel che dice la gente. Non ho tradito la causa della libertà. È che, per adesso, è assolutamente essenziale che l’ordine sia ristabilito. Un giorno qualsiasi, però, mi alzerò – presto – e mi lancerò alla lotta per la libertà, io, da solo. No, non sono fascista né bolscevico; sono un solitario.»

Di fronte alla brutalità dei militari ribelli e alla feroce repressione, De Unamuno si dissocia pubblicamente. Il 12 ottobre del 1936, durante l’apertura dell’anno accademico. Alla fine del discorso ufficiale, De Unamuno, proseguendo a braccio, lancia una durissima invettiva contro i franchisti: “Ed ora sento un grido necrofilo e insensato: -Viva la morte!- Ed io che ho trascorso la mia vita a creare paradossi che suscitavano la collera di coloro che non li afferravano, io devo dirvi, come esperto in materia, che questo barbaro paradosso mi ripugna…Questo è il tempio dell’intelletto. E io ne sono il sommo sacerdote. Siete voi che profanate il sacro recinto. Voi vincerete perché avete la forza bruta. Ma non convincerete. Perché, per convincere, bisogna persuadere. E per persuadere occorre proprio quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta. Io considero inutile esortarvi a pensare alla Spagna. Ho finito”. A questo risponde brutalmente il generale Millán-Astray gridando “A me la Legione”, “viva la Morte!” (motto della Legión Española) e “abbasso l’intelligenza!”. Unamuno risponde “Viva la vita!”. Il 22 ottobre, Franco firma il decreto di destituzione del rettore De Unamuno. Arresti domiciliari in disperazione e solitudine.

Il 21 novembre, scrive a Lorenzo Giusso:

«La barbarie è unanime. È il regime del terrore per antrambe le parti. La Spagna ha spavento di se stessa, orrore. È esplosa la lebbra cattolica e la anticattolica. Ululano e chiedono sangue gli huni e gli haltri. Eccola la mia povera Spagna: si sta dissanguando, rovinando, avvelenando e instupidendo…»

Il 31 dicembre del 1936 muore d’infarto. I falangisti, con cinico calcolo politico, lo celebrano al funerale come un loro eroe.

Modello ideale Don Chisciotte, incarnazione idealistica. Forti istanze religiose, preoccupazioni per il destino della Spagna, rifiuto del razionalismo. Del sentimiento trágico de la vida. Teatro greco in chiave moderna, da Fedra a Medea. Calderon, La vita è sogno. Coscienza agonica, insoddisfatta, dolorosa… vorrebbe essere tutto ma è costretta dai limiti spaziali e temporali al proprio niente. Da qui il sentimento tragico della vita e l’inconsistenza ontologica. Compito della fede è credere oltre ogni dubbio ed evidenza. Kierkegaard e Pascal sopra tutti, ma forti accenti spinoziani non mancano in un ateo che non perde interesse per il problema religioso. Incertezza e non rassegnazione di fronte alla Morte. Quando Don Chisciotte diviene cavaliere, acquista tutte le virtù: ecco la verità. Chisciottismo accettazione della tradizione spagnola contro la ragione, esaltazione di un sogno immobile, atemporale. Consapevole accettazione dell’allucinazione in risposta all’inutile verità scientifico-razionale.

Un uomo solo e coraggioso.

J.V.

La Musica in Schopenhauer… e altro

La Musica in Schopenhauer… e altro

Musica linguaggio universale, come volontà ed esistenza, in grado di oltrepassare la materia e portare alla luce la volontà noumenica.

“La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, lo ignora, in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più: cosa che non si può dire delle arti. La musica è infatti oggettivazione e immagine dell’intera volontà, tanto immediata quanto il mondo, anzi, quanto le idee, la cui pluralità fenomenica costituisce il mondo degli oggetti particolari”.

Così Arthur Schopenhauer ne Il mondo come volontà e rappresentazione. Romanticismo e Decadentismo, artista distaccato dal mondo. Musica presenza grave… altro che tempo libero per i benestanti. Ascoltare musica come si legge filosofia. Superiorità della musica, sentimento che può essere sprigionato soltanto dal suono. Strada aperta da Beethoven e Liszt, proseguita da Wagner. Musica come ricerca di Verità nell’arte per il filologo Nietzsche. Musica come Metafisica oltre l’idea è vera ispirazione dell’uomo. Nuova frontiera dell’apprendimento ed espressione del dionisiaco, autosufficiente. Nella stessa direzione di Nietzsche corre Wagner che considera il linguaggio musicale alla stregua dell’introspezione cognitiva, arte superiore, Wort-Ton-Drama, opera d’arte totale, parola-musica-azione, sacro rito di partecipazione e di massimo coinvolgimento del pubblico che si presuppone assai colto. Fondazione di una nuova sintassi musicale che aprirà la strada allo sperimentalismo novecentesco in grado di liberare completamente il suono. Il musicista non è più un semplice artigiano al servizio dello spettatore. Inevitabile scontro Wagner/Nietzsche dal momento che il primo teorizza eccessivamente in modo hegeliano, mentre il secondo insiste sulla preponderanza musicale rispetto alle idee, alla razionalità, alla costruzione platonico-socratica occidentale. Nietzsche contra Wagner, Fritz segretamente innamorato intellettualmente di Cosima/Arianna. Per il primo la musica è il fine, per il secondo un mezzo per giungere alla Metafisica. Per Fritz non esiste nulla oltre la Musica…

“L’iroso dispetto, l’odio, la maledizione, e d’altra parte la smodata ammirazione, il fanatismo che hanno accompagnato, prima e dopo la loro morte questi due uomini, testimoniano la violenza della loro personalità, che non ha avuto eguali nella storia dell’arte e del pensiero. Dopo di essi non si è più presentata un’energia creativa la cui impronta restasse così segnata, che afferrasse o respingesse con tanta prepotenza”. (Giorgio Colli)

J.V.

Innocenzo X, studio di Francis Bacon. Dal primo giugno sarà operativo soltanto nicoloscialfa.it

Innocenzo X, studio di Francis Bacon

Inquietante deformazione dell’opera di Velázquez, conservato presso il Des Moines Art Center di Des Moines negli Stati Uniti, ma ne esistono 45 versioni perché Francis Bacon ne è ossessionato. Orrore, stupore, disagio, omosessualità repressa, frustrazione, sentimenti vergognosi, odio per la Chiesa cattolica. Citazione dalla Corazzata Potëmkin e dai suoi volti intrisi di dolore. Ribellione e istituzione lacerata, squarciata, fatta a pezzi. Paura… oggi è ritornata.

J.V.

Attila. Dal primo giugno sarà operativo soltanto nicoloscialfa.it

Attila

Damnatio memoriae a distanza di quindici secoli. “Dove passa non cresce più l’erba… Flagello di Dio”. Genio incompreso, stratega spietato, mostro diabolico… Conosciamo Attila attraverso gli scrittori romani che assistono impotenti al crollo dell’Impero. Mondo delle steppe e dei Nomadi (Dal gr. nomás -ádos ‘che si sposta in cerca di pascoli’, dal tema di némō ‘pascolo’). Importanza del cavallo e della iurta. 376 gli Unni fanno crollare i regni ostrogoto e visigoto. Teoria della migrazione a spinta. Nell’autunno del 376 l’imperatore Valente accorda ai Goti l’autorizzazione ad attraversare il Danubio nella speranza di reclutare così nuovi soldati. Comportamento scellerato dei funzionari romani. Reazione violenta dei Goti e conclusione tragica ad Adrianopoli il 9 agosto 378. Un grande vantaggio per gli Unni che prendono coscienza della debolezza dell’Impero Romano. Catastrofe burgunda nel 435 ad opera di Ezio cantata nel celebre Nibelungenlied dove dietro il nome di Etzel possiamo riconoscere Attila. Intorno al 445 il regno congiunto dei capi Unni Bleda e Attila si trova in una zona corrispondente all’attuale Valacchia. Superiorità militare dovuta all’arco a doppia curvatura, alla fuga simulata, al carro e alle donne guerriere. Bleda assassinato, Attila unico re. “Superbo nel procedere, saettando gli occhi ora da una parte ora dall’altra, rivelava l’orgoglio della sua potenza persino nei movimenti del corpo. Amava le battaglie ma era in grado di padroneggiare durante l’azione; eccelleva nelle decisioni; si lasciava piegare dalle suppliche; benigno una volta che avesse accordato la sua protezione. Basso di statura, largo di petto, piuttosto grosso di testa, aveva occhi piccoli, barba non fitta, capelli grigi, naso camuso, una carnagione tetra: i segni caratteristici della sua razza”. (Jordanes, Getica, XXXV)

Violenza calcolata e uso sapiente del terrore. Predatore, stratega e politico. Galla Placidia, Onoria e presunta richiesta di matrimonio. Grazie ad una sordida vendetta familiare il barbaro trova un pretesto. Il 20 giugno 451 Ezio lo blocca ai Campi Catalaunuci. Leone III baratta con l’oro la sua ritirata due anni dopo. Frankenstein del V secolo, crani come coppe di vino, violenza terroristica calcolata. Gli Unni sanciscono la fine della pars occidens. Sopravvive l’Oriente. Ezio ultimo dei romani. Cultura ungherese segnata da Attila, padre fondatore, equivalente pannonico di Vercingetorige. Mattia Corvino si ispira a lui come monarca ideale nel XV secolo. Attila scandinavo e Volsungar. Mostro di violenza assoluta per Corneille, eroe paradossale per Voltaire, condottiero nazionale per Verdi, mito eterno per Wagner, Ludwig. Neopaganesimo e sciamanesimo hitleriani errori fondamentali a Stalingrado e inizio della catastrofe.

Inglesi della RAF convinti di abbattere gli Unni. Ragnarok e incendio finale nel bunker. Attila e Sigfrido, atmosfera magico-pagana, violenza omicida delle donne, sete dell’oro, sessualità pregenitale di onnipotenza, convinzione di immortalità. Mito wagneriano, neopaganesimo seducente al punto di far interpretare ad Hitler l’Attila mitico sino alla catastrofe europea. Attila redivivo nell’Illyricum Romano in Bosnia e Serbia attuali. La lacerazione è ancora lì.

J.V.