Il mondo di ieri di Stefan Zweig

Il mondo di ieri di Stefan Zweig

“Nel breve lasso da quando cominciò a crescermi la barba a quando prese a farsi grigia, in meno di mezzo secolo si sono determinate più metamorfosi radicali che nel corso di dieci generazioni”. Libro di tremenda attualità. “Quanto più un uomo aveva vissuto da europeo in Europa, tanto più duramente veniva colpito da quel pugno che annientata l’Europa.” Zweig, interprete eccezionale dell’apocalisse. Insieme ad Elias Canetti e Karl Kraus ha descritto in modo magistrale la fine di un mondo. Pagine memorabili che vanno dall’infanzia serena nel mondo austroungarico alle tragedie delle guerre mondiali e alla catastrofe hitleriana… “per il popolo tedesco l’ordine ebbe sempre più valore che la libertà ed il diritto”. Opera magistrale, nostalgica, triste e raffinata nella sua prosa semplice e alla portata di un vasto pubblico. Malinconia infinita che annuncia la fine tragica dell’autore. Una ricostruzione da leggere assolutamente perché commovente, intelligente, preziosa, ricca di amore per un mondo che non esiste più. Descrive personaggi famosi come Sigmund Freud e Richard Strauss, Richard Wagner e Thomas Mann, Gustav Malher e Gustav Klimt. Attraverso l’autobiografia Zweig racconta la negazione della civiltà, l’incomprensione della Storia, la distruzione di un mondo… l’orrore del Nazismo.

“Se non si ha la propria terra sotto i piedi – anche questo però deve essere sperimentato per essere compreso – ci si tiene meno diritti, si perde sicurezza, si diventa diffidenti verso se stessi. Non esito a confessare che dal giorno in cui dovetti vivere con documenti o con passaporti effettivamente stranieri non mi sono più sentito completamente legato a me stesso. È rimasta per sempre distrutta una parte della mia naturale identità con il mio io originario. Sono divenuto molto più riservato di quanto sia nella mia indole; io, il cosmopolita di un giorno, ho oggi incessantemente l’impressione di dover render grazie per ogni boccata d’aria che respirando tolgo a un altro popolo. Si capisce che a mente lucida riconosco l’assurdità di simili fisime, ma quando mai la ragione può qualcosa contro un sentimento istintivo? Poco mi è servito avere educato per quasi mezzo secolo il mio cuore a battere da cosmopolita, da citoyen du monde: il giorno in cui perdetti il mio passaporto, scopersi a cinquantott’anni che perdendo la patria si perde ben più che un circoscritto pezzo di terra.”

Parole profetiche e terribilmente attuali.

J.V.

I Barbari. Ricordo il nuovo blog nicoloscialfa.it

I Barbari

Völkerwanderung (migrazioni di popoli) o invasioni barbariche? Tacito, Germania, li descrive come modello di stile di vita semplice e non corrotto dalla civiltà mediterranea. Costruzione ideologica sposata anche da Montesquieu e poi dai Romantici, dai nazionalisti tedeschi antimoderni e militaristi del novecento per giungere ai nazisti e alle loro funeste teorie sulla presunta superiorità della razza tedesca che ebbero come conseguenza la Shoah. Come si vede la Storia è sempre Storia Contemporanea.

Quali sono le fonti delle culture barbariche? Traduzione gotica della Bibbia del vescovo Ulfila nel IV secolo recepita da Teodorico nel VI secolo (Codex argenteus). Il goto Jordanes, sempre nel VI sec., il burgundo Fredegario nel VII, l’anglosassone Beda e il longobardo Paolo Diacono nell’VIII. Tutti questi storici adottano il latino e il punto di vista dei classici. Soltanto più tardi nasceranno Beowulf e le saghe nordiche, l’Edda e gli eroi pagani. In realtà ciò che sappiamo sui Barbari è di derivazione greco-latina. Barbaro (straniero) selvaggio, sporco, nomade, puzzolente è lo stereotipo. Secondo la vulgata bevono sangue e sono coraggiosi ma temerari e vengono sconfitti dalle legioni romane organizzate e disciplinate. Oppure vengono descritti come nobili selvaggi dotati di virtù primordiali dell’anima del popolo (Volksseele). Sono costruzioni stereotipate. In realtà lo studio delle tombe dimostra che i barbari si circondavano di oggetti non differenti da quelli delle classi dirigenti romane. La frontiera non era invalicabile, era più simbolica che reale, linea militare ma anche zona di scambio e di fascinosa attrazione. Un sistema dinamico di interazione, relazioni ed alleanze, assimilazione e mutamento di usi e costumi. Un popolo come unità linguistica e culturale ben delineata rappresenta l’eccezione, non la norma. Archeologia e filologia non attribuiscono i propri materiali a raggruppamenti umani “naturali”. Cos’è un popolo? Una realtà soggettiva. I Germani forse non sono mai esistiti e se esistevano non corrispondono a ciò che chiamiamo così. Il termine “Germani” viene coniato da Giulio Cesare. Prima di lui esistevano soltanto celti e sciti. Cesare ha interesse per motivi politici e di conquista ad accentuare le diversità e le conseguenti paure. Nascono così i Germani, soprattutto su base linguistica. In epoca carolingia si ha coscienza che le lingue germaniche sono apparentate. Questa lingua vernacolare viene chiamata Teotisca, che significa popolare, e da qui deriva tedesco, termine che designa tanto gli anglosassoni che i longobardi. Rotture e contraddizioni impediscono uno sviluppo diretto dai Germani antichi ai moderni. Differenti terminologie. Gli inglesi chiamano Germans i tedeschi, malgrado essi stessi siano prevalentemente di origine germanica; i francesi e gli spagnoli li chiamano allemands dal nome di uno dei principali popoli tedeschi, gli Alamanni; gli slavi usano il termine Nemeci, muti, in contrapposizione con gli slavi stessi, coloro che parlano. Le etnogenesi sono complesse. Secondo la Bibbia tutti i popoli del mondo derivano dai tre figli di Noè. Nel Medioevo sorgono le leggende più disparate sull’origine dei popoli. Una discussione ancora aperta. Meccanismi di memoria e oblio, Storia e invenzione, letture ideologiche dove si incontrano storia medievale ed esigenze del presente. Illuministi e Romantici scorgono la società democratica nei Germani. Engels parla di passaggio dall’Urkommunismus (Comunismo primitivo) alla democrazia militare. In genere nell’Ottocento si contrappone la libertà germanica alla schiavitù romana e si parla di Genossenschaft (società coesa e sacrale) con due re, uno sacrale, Sakralkönig, uno militare sul tipo di Ariovisto o di Arminio. In realtà questi sovrani esercitavano un potere militare autoritario e protettivo su clientele, parentele, clan e le alleanze di queste famiglie erano assai mutevoli.

I movimenti di Barbari iniziano nel III secolo vicino alla Vistola, dove sono stanziati i Goti. Si spostano a sud verso l’Ucraina. Saccheggiano i Balcani e l’Asia minore. Nel 375 sconfiggono gli Unni, attraversano il Danubio e arrivano in Italia. Alarico mette a sacco Roma nel 410, Teodorico giunge nel 489 e fonda il suo regno con capitale Ravenna. Un altro popolo che giunge dai Carpazi sino al Mediterraneo è quello dei Vandali. In Germania occidentale si trovano Franchi ed Alamanni, a nord e sud del Meno. Il regno unitario Franco nasce su suolo romano con Clodoveo, governatore franco della provincia Belgica. Il battesimo di Clodoveo è datato nel 496, chiaro segno simbolico di integrazione, enfatizzato nel 1996 da Parigi in occasione del supposto millecinquecentesimo anniversario della conversione.

Dietro Franchi ed Alamanni troviamo altri popoli: Longobardi che giungono in Italia nel 568, Turingi, futuri alleati di Teodorico, Burgundi. Dal VI secolo inizia il consolidamento etnico dei popoli sottomessi dai Franchi. Il risultato è la nascita del popolo francese, mentre, a partire dal X secolo, nella parte germanica del regno franco si consolidano bavaresi, alamanni e sassoni. I sassoni si dirigono in Britannia e sostengono le popolazioni celtiche romanizzate contro i Picti scozzesi. Nascono i regni germanici in Britannia: Wessex, Mercia, Northumberland. L’Irlanda pagana viene evangelizzata da San Patrizio nel V secolo. L’attività missionaria tra VI e VIII secolo sarà massiccia in Europa centrale. In Scandinavia, terra originaria di Goti e Longobardi, i pirati vichinghi dall’VIII secolo iniziano la loro attività predatoria. Nelle immense steppe euroasiatiche dalla Cina ai Carpazi, sino all’Ungheria, si sviluppa il nomadismo basato sul cavallo. Emerge la figura terribile del guerriero della steppa, spietato e crudele, abilissimo cavaliere. Questi eserciti di guerrieri nomadi fondano imperi anche vastissimi ma poco longevi a causa di mancanza di serie strutture. Attorno al 450 gli Unni di Attila dominano l’Europa orientale e vivono grazie ai tributi pagati da Roma. Dopo la morte di Attila l’impero unno crolla miseramente. Stessa sorte spetta agli Avari, anche se sopravviveranno sino al tempo di Carlomagno. Da ricordare infine la lenta e massiccia espansione degli slavi. Tra il VI e il VII secolo assistiamo alla romanizzazione dei barbari e alla loro integrazione nelle strutture politico-istituzionali romane in Spagna e Gallia e Italia. In Europa centrale e orientale le popolazioni romane si barbarizzano. Una nuova civiltà sta maturando: l’Europa medievale.

J.V.

La caduta dell’impero romano. Ricordo nuovo blog nicoloscialfa.it

La caduta dell’impero romano

Dopo Teodosio parte occidentale sempre più in crisi. Non vi è percezione del mutamento in un mondo lento. Noi siamo abituati alla velocità scatenata dalla rivoluzione industriale, gli antichi vivono in un mondo lento. Lento ma non immobile. Esiste cospicua differenza tra l’età di Antonino Pio e quella di Romolo Augustolo (ironia della Storia, primo re e primo imperatore). Piano piano però cresce la consapevolezza del tramonto, della fine di un mondo. L’Italia paga il prezzo più alto tra V e VIII secolo. Campagne incolte e deserte, città spopolate, Roma passa da un milione di abitanti a 20.000 anime vaganti tra le macerie. L’Occidente perisce, l’Oriente si salva per ancora un millennio. I barbari oltrepassano il limes, i Visigoti saccheggiano Roma nel 410, Agostino percepisce la fine del mondo. Il 476 è una data simbolica che indica la morte della parte occidentale. Crisi iniziata nel III secolo. Sforzi di Aureliano, Diocleziano, Costantino, tentativo coraggioso di Giuliano, presa d’atto di Teodosio. Imperium Romanum Christianum. Decadenza spiegata da Gibbon, Taine, von Wilamowitz, Rostovzev con occhi puntati sul loro tempo (la Storia è sempre storia contemporanea). Scrivono della fine di Roma ma pensano pessimisticamente alla fine del loro mondo. Poi scontro nazionalista tra il francese André Piganiol (Impero Romano ucciso dai barbari come la Francia occupata dai nazisti) “La Civilisation romain n’est pas morte de sa belle mort. Elle a été assassinée” e Cartellieri sostenitore della superiorità teutonica.

Poi un bellissimo libro sbagliato di Henri Pirenne, Maometto e Carlomagno. Poi la definizione di mondo tardo antico che attenua la frattura tra mondo Antico e Medioevo. Perché, si chiedono Rostovzev e Walbank tra gli altri, l’impero degli Antonini non è proseguito linearmente sino al XX secolo? E abbiamo invece avuto decadenza, Medioevo, Rinascimento e mondo moderno? Rostovzev è un esule russo in fuga dagli orrori della guerra civile, pessimista e disilluso; Walbank un marxista inglese convinto, dopo la seconda guerra mondiale, di trovarsi agli albori di una nuova epoca. Eppure i due sono in linea su un punto: perché non fu possibile un passaggio graduale? Perché si produsse la catastrofe? Instaurazione del Principato e sistema di produzione schiavile sul banco degli imputati. Costruzione di un ordine universale costosissimo, modello aristocratico poco virtuoso e parassitario legato alla rendita. Anelasticitá strutturale e conseguente frattura.

Guerre difensive con rara eccezione di Traiano. Una catastrofe al rallentatore. Universalismo imperiale insostenibile, stallo produttivo. Storia di Roma che si avvia a divenire storia d’Europa. Percezione della crisi e della fine del mondo condivisa da pagani e cristiani. Storia, escatologia e profetismo viaggiano nella stessa direzione. Chiusura imperiale, grandezza in forme chiuse, schiavi, tecnologia insufficiente, visione ciclica della storia. Marx descrive la bellezza della durata del mondo antico in pagine stupende. Ma quella bellezza è anche il limite degli antichi romani: il loro limite è il margine estremo del Tempo e della Storia. Un grande stato assolutistico, militare, burocratico; una macchina pesante e difficile da gestire come ben capiscono alcuni grandi imperatori. Cristianesimo postcostantiniano e dualismo del potere, controllo dei vescovi sulla macchina, codice Teodosiano potente divaricatore tra classi aristocratiche e sudditi. Cristianesimo soteriologico e dottrina alternativa alla forza del diritto romano… In hoc signo vinces. Il dualismo resiste ancora oggi: anima e corpo, da Paolo a Cartesio, da Agostino a Kant (e non si illudano i fanatici del Progresso… extra Epistemologiam nulla salus). Leggerezza dell’io opposta alla pesantezza del corpo, residui platoniani e plotiniani. Cristo erede dello spiritualismo idealistico classico. Il nodo diviene inestricabile e ancora oggi non riusciamo a scioglierlo.

Fine dell’unità mediterranea. Dopo il collasso del V secolo il Mediterraneo diviene un confine, un limite. Occidente e Oriente si divaricano, l’unità si rompe definitivamente. La catastrofe occidentale indirizza verso la Modernità, Oriente verso l’Islam e Bisanzio. Due idee restano vive in Occidente: città e Italia. Da queste due forme mentali si ricomincia.

J.V.

Teodosio. Ricordo il nuovo blog nicoloscialfa.it

Teodosio

Flavio Teodosio, detto il Grande, governa dal 379 sino alla morte avvenuta nel 395.

Nato a Cauca nell’odierna Galizia l’11 gennaio 347 da famiglia aristocratica assai potente e di orientamento cristiano. Carriera militare come il padre Teodosio il Vecchio. Vittorie in Britannia, in Africa e in Mesia contro i temibili Sarmati. Nel 376 Teodosio il Vecchio viene giustiziato per presunto tradimento in un quadro assai fosco e contraddittorio. Il futuro imperatore perde l’incarico militare e si ritira a vita privata. 378 annus horribilis di Adrianopoli e morte dell’imperatore Valente in battaglia contro i Goti. Il nuovo imperatore Graziano associa Teodosio al comando e gli affida la parte orientale dell’impero. In quattro anni raggiunge un accordo con i Goti che si stanziano lungo il Danubio, nella diocesi di Tracia, con relativa autonomia. Barbarizzazione dell’esercito.

Nel 380 Teodosio promulga l’Editto di Tessalonica col quale il credo di Nicea diviene unica religione, peraltro obbligatoria, dell’impero. L’opera del colto e valoroso Giuliano è rovesciata. Gregorio di Nazianzo trionfa. Lotta aperta e feroce contro le eresie col concilio di Costantinopoli del 381. Teodosio si trasferisce a Milano e avvia un’intensa attività legislativa e “moralizzatrice”. Mecenate delle arti. Al naturalismo romano Teodosio sostituisce un’estetica improntata sui simboli del potere imperiale sacrale. L’arte deve essere solenne è rivolta alla glorificazione della classe dirigente. Questo spiega anche la longevità del futuro impero bizantino.

Violenza repressiva a Tessalonica e aspri rimproveri di Ambrogio. Decreti teodosiani a favore della Chiesa e pena di morte nei confronti dei pagani che effettuano sacrifici animali. Demolizione di templi pagani o trasformazione in chiese. Monete col Chrismon. Ultimo tentativo pagano con Eugenio sconfitto al Frigido il 6 settembre 394. Il Cristianesimo vince definitivamente.

Il 17 gennaio 395 Teodosio muore e lascia il generale Stilicone come protettore dei figli Arcadio e Onorio. Dieci giorni dopo si tengono solenni funerali celebrati da Ambrogio che pronuncia il De Obitu Theodosii. Esequie interamente cristiane e salma tumulata nella Basilica degli Apostoli di Costantinopoli.

Con la morte di Teodosio la parte occidentale dell’impero si avvia al definitivo tramonto. La parte orientale cadrà più di mille anni dopo sotto i colpi degli ottomani di Mehmet II il Conquistatore.

J.V.